giovedì 28 agosto 2008

#0789 il vicino di casa

il vicino di casa è vicino perchè abita un piano di sotto. ha i denti marci e la mania di farsi i fatti altrui tipico di famiglia. la mamma di sua moglie è il gazzettino di paese. con tanto di redazione e gossip mescolati a invenzioni da troppe giornate passate a spararsi il trittico vivere-beautiful-centovetrine. come andrea della rocca c'è chi nel complesso si fa di droga e per guadagnarsi la dose si prostituisce con il primo che passa. o chi fa proposte indecenti ad ogni persona che indossi il genere femminile sulla carta d'identità con la mera illusione di possedere un tesoro nascosto. sua moglie invece gioca ogni giorno a chi possiede la voce più acuta del condominio barrazerocinque. gioca da sola ma questo non le impedisce di dare il meglio di se stesso. perchè un gioco è bello anche se devi battere solo te stesso. anche se è una gara contro il tempo. lui invece ha malsani passatempi. tifoso interista sfegatato riesce ad aggiornarti sull'andamento della domenica di campionato grazie solo ai suoi insulti e al boato quando lo svedese riesce a metterla dentro. sul campo da calcio impersona il tecnico di paese. figliol prodigo del club malesani-mazzone-cosmi è riuscito in un'annata ad aumentare il numero di genitori-tifosi del 19% alle partite della squadra pulcini. 19% che si disinteressano delle azioni dei figli per passare la partita ad osservare le gesta di questo tecnico che pensa di essere allo stadio azzurri di bergamo e che è poesia pura nei suoi gesti al limite della follia. appassionato ciclista con il tendente gusto alla bandana alla marco pantani e all'indossare abbigliamento vistoso che fa a pugni con la gamma cromatica certificata dall'unione europea. nell'anno appena trascorso ho passato molto tempo con lui. per cause ancora di difficile comprensione mi sono fatto infinocchiare a dare una mano alla squadra di calcio del figlio di dieci anni. risultato? frasi da bar di paese con perla tipica "potevi portar su la tua fidanzata. così facevamo un'orgia" o scambio telematico di liste di film con categoria XXX contenente film di dubbia moralità come "harry fotter e la figa filosofale", oppure "karmalat una maggiorata da mungere", oppure "nonne tedesche over50" o il cultmovie più voltastomaco della storia "le "nonne gangbang". o il tentativo rifiutato dopo svariate insistenze di farsi scaricare per il suo gusto all'autoerotismo di un capisaldo della scena tedesca in lingua originale. perchè ci tiene ad apprendere le lingue il mio vicino. la stagione sportiva sta per iniziare. purtroppo ho perso la sua compagnia nel difficile compito di seguire 35ragazzini iperattivi. ma son sicuro che mi garantirà una buona dose di numeri anche da semplice tifoso dietro la rete. sperando che i bambini non si facciano incantare dalle sue movenze in tribuna.

martedì 26 agosto 2008

france

france solleticava il suo piede sinistro mentre l'attesa la divorava. aveva appuntamento al bar in plaza mayor e l'appuntamento si era trasformato in un conto alla rovescia ormai da un giorno a questa parte. il caffè l'eccitava più del solito e la sua golden virginia issata a bandiera non aveva placato la sua iperattività. “cosa ci faccio qui?” se l'era ormai chiesto una ventina di volte mentre il suo anticipo la risucchiava nei pensieri. “ciao. non pensavo che ci fossero donne che arrivano in anticipo agl'appuntamenti. sei una specie in via d'estinzione ormai.” l'aveva visto una sera di striscio mentre usciva con le sue amiche. era moro, tendente al pallido, non propriamente bello secondo i canoni della stampa internazionale però magnetico. di quella categoria che con uno sguardo cattura l'attenzione di tutta la platea. aveva una scintilla. ed era stata quella ad accendere le sue golden virginia e tutti i suoi convenevoli da ragazza impegnata. non aveva ascoltato mezzo discorso in quel tavolino troppo stretto e piccolo per non regalare gomiti di contatto. come se seguisse la scena da un'altra angolatura non partecipandoci davvero. anche se aveva parlato di tutto. della sua passione per l'arte. del progetto leonardo che l'aveva stritolata in un anno di lavoro sotto pagato. del suo dalmata reinhold che l'aspettava a casa. poi di colpo s'era ritrovata fra le sue braccia in una stanzetta fatiscente. come se avessero messo la pubblicità e lei fosse andata in bagno perdendosi la fase di mezzo che da senso ad un film dove più lo attorcigli e meglio viene secondo il regista. c'aveva fatto l'amore con ingordigia. annusando e sospirando il suo lato animalesco. imprigionato ormai da troppo tempo. si era però sentita vuota e sporca alla fine del suo amplesso. aveva ricollezionato i vestiti ed era sfuggita di corsa mentre lui disinfettava i morsi sulle spalle. a casa s'era gettata di corsa sotto la doccia. aveva lavato via con il detersivo per piatti ogni traccia che potesse indicare che era stata bene. aveva appuntato nella sua testa tutti i contro di questa situazione. la lista era lunga ed era inequivocabile. serviva il carrello per prendere tutto non bastava il cestino. il primo contro aveva appena girato la chiave nella porta. era un contro con cui conviveva ormai da tre mesi. si era insinuato nel suo letto lentamente. come un goccia d'acqua che giorno dopo giorno scivola in un torrente. era perfetto o almeno così credeva. capello fluente, parlantina sciolta solo con chi di dovere e soprattutto presentabile. se non fosse per quel fastidioso vizio di lasciare sigarette accese sarebbe stato di certo nel prossimo numero di vogue come uno dei cento ragazzi da sposare. e poi divorziare in data sul fondo della confezione. l'aveva baciata sulla fronte come ogni sera. e si era lasciata scaldare dalle sue braccia. dalle sue mani che conoscevano ormai ogni punto in cui il suo eros si stuprava. era stato avvolgente, romantico e a suo modo passionale. si era sentita finalmente a casa. aveva spento l'abajour inserisci la tua offerta massima sul comodino e si era lasciato coccolare dalle melodie che la sua chitarra pizzicata nei punti giusti era riuscito a scandire. carlos amava suonare dopo aver fatto l'amore con reinhold che silenzioso si metteva ad ascoltare facendo intendere sempre quando una melodia era magica oppure era banale. stava facendo progressi. o almeno sentiva di fare progressi. aveva composto una melodia perfetta sul sonno di france. le winston e il caffè lo tenevano sveglio ormai quasi ogni notte. si sentiva in vena da quando aveva conosciuto quella francesina così timida ma sempre solare. aveva annusato l'ultima sigaretta del pacchetto e aveva deciso di accenderla ben consapevole che non ci sarebbe stata nessun altra sigaretta prima di domani. era stato sempre attratto da quella sensazione da ultimo. come se un ultimo respiro fosse sempre più speciale ed importante di tutti quelli che hai assaporato nella tua vita. così in silenzio aveva cercato nella borsa di france l'accendi lampi per dare fuoco a quel ritornello che non entra bene come dovrebbe quando si era inbattuto in un foglietto con tante parole e con tantissime cancellature. aveva letto distratto poi si era illuminato leggendo i versi migliori che un contemporaneo potessere creare. non erano i clash però avevano l'irruenza e la dolce prespicacia di apparire perfetti per le sue melodie mute. dovevano essere solo ricollocati nel giusto ambiente. un ambiente che sentiva di aver condiviso da anni in quelle stronfe. c'aveva cantato sopra con la convinzione di essere di fronte all'inizio di qualcosa che non sai dove andrà a finire. ma sai che potrebbe essere la cosa che ti spezzerà il cuore, te lo ricucirà e te lo troverai più grande e più rosso. erano perfette anche se andavano limate alcune parti grezze come pietre del sudafrica. ma erano diamanti sotto quei centimetri di polvere. france non aveva mai scritto cose così taglienti. un po' se n'era preoccupato ma l'estasi del aver finalmente trovato la rotta giusta l'aveva gasato più di una cosa a tre. quando france s'era svegliata l'aveva trovato ancora lì a sussurrare parole sopra le sue melodie. ne era attratta come poche volte nella sua vita. “che fai?ci canti sopra adesso?da quando?” “ho trovato i tuoi versi nella borsa. sono perfetti. perchè non me li hai fatti vedere prima?” lo shock anafilattico era la sensazione che france provava in quell'istante. da pedro aveva rubato un foglietto da moleskine tutto scritto per il gusto di leggerci dentro il suo tradimento ma poi se n'era scordata. e ora riproposta sotto la melodia di carlos aveva capito che aveva scopato con le due facce della stessa medaglia. aveva finto il solito cliche dell'essere in ritardo ed era scappata con le lacrime che rigavano il suo viso color bambolina di cera. non era più tornata a casa. aveva regalato il suo cellulare al barbone sotto casa e aveva scritto due lettere e stampato un biglietto di sola andata. o meglio di solo ritorno. le due lettere erano simili ma identiche nei contenuti. ti ho amato dal primo istante che ti ho visto. l'altra faccia della moneta è la metà del cuore che puoi far battere a chi ti ascolta. incontratevi. e provateci. per me. con amore incondizionato. france. l'inizio era stato duro. spigoloso. a tratti manesco. ma poi era nato il mito. france ne era felice ogni volta che sentiva di loro. pedro tossico, estroverso ma anche buono e pieno di buchi di sigarette nell'anima. carlos così sicuro, razionale ma anche serioso e solitario a volte. perso dietro ettolitri di musiche e melodie che regalano solitudine dentro. per cinque anni non aveva mai più pianto in vita sua. solo una strofa sentita in una compilation indie fatta da sua sorella le aveva regalato il calore della sua pioggia. “choking and smoking to your angelic soul. choking and smoking myself into a hole. where the only way out is to sleep and to dream. and to cry out your name.”

lunedì 25 agosto 2008

#0047 hallelujah

ogni telefilm che si rispetti deve avere qualcuno che ce la zonti. non se ne scampa. ci vuole sempre un po' di tristezza. una dose massiccia di lacrime da iniettare nel povero spettatore appassionato. e per ogni morte che si rispetti la colonna sonora deve essere all'altezza. commuovere ma non essere troppo mielosa e strappa mutande. perchè se si muore bisogna morire con stile. per questo hanno inventano leonard cohen. jeff buckley. rufus. hallelujah è sempre la colonna sonora adatta a queste scene. da o.c. ad ugly betty. per questo giro sempre con una cassettina in tasca e le mie ultime volontà nel portafogli. perchè se dovesse succedere anche a me vorrei che qualcuno schiacciasse il tasto play al posto mio.

domenica 24 agosto 2008

uno-due-tre prova. prova. a a a prova (seconda parte

"posso chiederle di darmi un pezzo di cuore per la mia collezione?" la maestra luisa non si era prodigata nei suoi vecchi ricordi di quando lei era bambina e nessuno le aveva mai regalato niente come faceva di solito ad una richiesta. gliel'aveva dato sorridendogli in modo amabile. quasi da soap opera argentina. era andato in mensa anche se non aveva fame. aveva guardato con i suoi soliti occhi color grigio-verde e aveva atteso il suo turno per poi chiedere all'inserviente la pasta al ragù anche se non era come quella che faceva la mamma. anche se sapeva di lavoro. invece che di fatto in casa. e all'inserviente trent'enne che aveva una storia non politicamente corretta con la preside ultra-quarantenne aveva domandato a bruciapelo. "un pezzetto di cuore. tenero e senza lische. magari il suo che ha tanto amore da dare agl'altri. alle altre persone della scuola." l'aveva avvolto nel tovagliolo prestampato ristotre e gliel'aveva dato senza bah e senza "guarda che c'è il filetto di trota che è bello tenero" come quando qualcuno chiedeva qualcosa non presente sul menù aziendale. era andato nel suo solito angolo color pesca. dove ormai nessuno si sedeva da mesi. non aveva voglia di parlare con simone oggi. era sempre pieno di parole. di storie fantastiche. ma oggi non se la sentiva. voleva stare da solo. perdersi e flutturare nei suoi pensieri come faceva spesso. sentirsi dire rimbambito come sempre. la preside l'aveva risvegliato dal suo coma e gli aveva sussurrato passandogli lo yogurth in omaggio. "appena finisci qui vorrei parlarti nel mio ufficio." non aveva fatto niente ne era sicuro. non faceva mai niente lui che potesse anche solo metterlo in luce davanti agl'altri. trascinando le sue all star pitturate come quelle del suo mito numero due kurt cobain si era diretto verso la presidenza e aveva sfogliato la rivista ok salute distrattamente neanche fosse dal dentista. non c'erano però leccalecca omaggio a fine anestesia questo lo sapeva bene. "posso fare qualcosa per te?" gli aveva chiesto quel corpo magro e spigoloso che da anni aveva conquistato ammiratori in tutti gl'ambiti didattici. "un pezzettino di cuore. del suo. andrebbe benissimo."
era tornato a casa dopo aver partecipato alla lezione che più odiava al mondo. ginnastica. un'ora e mezzo di stupidi ragazzetti che rincorrono una palla e che quando riescono ad andarci vicino invece di prenderla e farne tesoro gli danno un calcio per buttarla lontana. in una rete. nell'idea preconfezzionata che la prigionia auto-indotta sia la cosa più bella e libera che ci sia. aveva passeggiato verso casa con il suo zaino invicta nero e verde fosforescente. le vacanze erano alle porte e questo gli dava un senso di felicità commossa. le partite a racchettoni con la mamma e il papà. il vincere sempre anche se era sempre il meno bravo dei tre. il piacere di sembrare diverso dal solito in un mondo che lo sfogliava per la prima volta. nuovo non più come il ragazzo strano da prendere in giro tenendosi le mani davanti alla bocca. a casa aveva trovato i nonni come ogni pomeriggio. il toast imparato dal nonno negl'anni della guerra era lì ad aspettarlo. l'aveva addentato e con il suo solito broncio era scoppiato davanti alla nonna. "nonna mi dai un pezzettino del tuo cuore. senza mamma e papà andati in vacanza sulla luna è così difficile rimanere senza cuore. la mia vita ha bisogno di un altro sogno su cui costruirla per andare avanti. il mio non basta. è sulla luna ormai."

uno-due-tre prova. prova. a a a prova (prima parte)

un bambino svegliandosi una mattina chiese al suo pesciolino rosso un pezzo di cuore. "un pezzettino piccolo, quasi irrisorio. mi serve per costruirmi un sogno." gli disse. il pesce rosso lo guardò sbalordito e disse "tieni. fanne buon uso però mi raccomando." il bambino felice prese il domopak della madre e incartò con cura quel pezzettino di cuore e lo ripose nella scatola delle meraviglie. era una scatola di un paio di vecchie scarpe adidas numero quaranta tutto avvolto da figurine di calciatori degl'anni 70. suo padre gliel'aveva data un giorno d'agosto dicendo. "tieni questa è la scatola che mio padre mi donò quand'ero piccolo. era povero ma voleva che conservassi i miei sogni e le cose più belle che avevo. per potrerle utilizzare quando ne avrei avuto bisogno. nei momenti tristi e duri della vita."non aveva compreso che un paio di adidas nel dopoguerra fossero una cosa talmente rara da sembrare irreale. non ci aveva messo dentro ancora niente perchè non aveva ancora sentito la necessità, il bisogno di avere di più di quello che già aveva. era felice immerso in una famiglia media dove tutti si volevano bene. era andato a scuola come ogni giorno camminando per venti minuti da solo nella folla mattutina che andava al lavoro. lui che non aveva mai capito perchè bisognasse andare a lavorare. a far fatica quando tutte le cose più belle si possono noleggiare a casa propria. la televisione. i popcorn spruzzati di zucchero e il trivial pursuit da fare con mamma e papà. era arrivato a scuola e per la prima volta nella sua vita aveva visto tutti focalizzarsi su di lui. evitandolo come sempre ma bisbigliando indicandolo in maniera impercettibile. era andato in classe senza far rumore passeggiando distratto con i radiohead nelle orecchie. musica non adatta secondo la preside che più volte nella sua carriera livellata sulla media ponderata l'aveva ripreso. "perchè ascolti quella musica deprimente. non sarebbe meglio se ti aprissi con gl'altri ragazzi invece di chiuderti sempre nel tuo mondo?". "il mio mondo è già bello così. non voglio rovinarlo buttandoci dentro altre cianfrusaglie." tom a lui piaceva. dicevano che era malinconico e triste. strano e atipico. ma anche lui si sentiva diverso. e il tono drammatico e triste lo faceva sentire allegro per la felicità che lui conservava dentro sotto foglie di quotidianità in formato A4. era entrato e la maestra luisa l'aveva scrutato con un viso amorevole, quasi materno nonostante dall'inizio dei giorni avesse terrorizzato centinaia di studenti prima di lui. svegliarsi alle 6e30 ogni tanto può dare alla testa si era ripassato in uno sbadiglio. non l'aveva interrogato come gli aveva promesso due giorni prima e al termine della lezione gli aveva parlato dicendogli. "per questa volta te la sei cavata. ma per la prossima settimana vedi di essere preparato." ma con un tono e uno sguardo zuccheroso. quasi da vaniglia mixata con saccarosio puro. uno sguardo che in tutto e per tutto assomigliava a quello di sua madre quando non faceva i compiti prima che tornasse dal lavoro. se non fosse stato per la ricrescita bianca sul castano n°5 della linea testa nera.

#0012 anch'io come manuel sui giovani d'oggi ci scatarro su

ci son trenta gradi e i ragazzi vanno in giro in dolcevita. non con la maglia di fellini ma con il collo alto perchè attillato fa bene. io vado in giro vestito da giallo canarino. perchè come dicono sono uno dei pochi che mette magliette gialle. anche se ne ho solo due nell'armadietto della scuola. mio cugino viene a trovarmi e usa la scatola dell'arnica come porta fumo. cartine. carta da filtro. fumo. io non avrei mai pensato che una scatola di fastum gel potesse avere una seconda vita come contenitore di anestetizzante per via orale. i giovani d'oggi mi sorprendono sempre. perchè bisogna dare una seconda speranza a tutti. anche a chi non se la merita. anche a chi non sfrutta a pieno quello che ha nella sua prima vita. per questo i tarocchi ti dicono che tornerà, poi se ne riandrà, poi ritornerà e poi finirà male per sempre. per cui magari così si può evitare tutto ancora prima di partire per il viaggio revival. viaggio che per ora non ha neanche le guide prese in prestito dalla biblioteca in via roma. ma si sa le vie dei tarocchi sono infinite. e io ai tarocchi non ci credo quasi mai. anche se non avevo niente di incrociato al momento dell'appello. per cui andiamo avanti così con i ragazzini che si divertono come se trento fosse il più bel luna park del mondo. io provo a crescere dentro nel mio cordinato giallo canarino. i baffi e la barbetta in fondo sono in work in progress già da un paio di giorni.

martedì 12 agosto 2008

#0054 altro che nash bridges

pacchetto con una sigaretta winston uguale pacchetto intero marlboro compact. un'equivalenza che merita il debito di matematica portato fino ad un mese prima dell'esame di maturità con due miei fidi scudieri a colpi di "io ho preso 4,5. voi 4. vi ho battuti." picaro. birra media in happy hour è come riempirsi la pancia di piccole farfalline che ti sbattono le ali tra cuore e polmoni. come al solito non mi accontento. la ciurma va a giocare a buzz a casa dei cognugi. io decido di seguire il copricapo rosso del mio fido assistente. fiorentina. l'happy hour dura tutta la sera se consegni i phosporini in giro per la città. ma gli occhi bruciano e il bagno unisex è la fiera del "le ragazze si portano tre amiche per andare in bagno". giro l'angolo. punto davanti alle poste. come sempre. non si dovrebbe fare ma non sono nelle condizioni per fare troppe domande e per farmi troppe storie. un'ombra rischia di macchiarmi i pantaloni. finisco. è come nel miglior miami vice. sonny crocket alias don johnson mi mostra il distintivo. è in borghese. ma non il solito borghese. non ce l'ha su quel bel completo bianco con la maglietta sotto colorata. ha solo una maglietta rossa attillata molto negozio dell'usato. usato tanto. "può venire alla luce che le faccio la multa?" l'ultima circolare su cosa indossare nelle pattuglie in borghese tra soggetti under20 mi sa che mostra ancora i prezzi in lire delle dotazioni. morale della favola? non ho niente da dichiarare che son rosso dalla vergogna e la paura di ritrovarmi ricardo rico tubbs alle spalle non mi lascia scampo. 54 euro è la pisciata più costosa della mia vita. ma il distintivo mostrato con le mani ancora sulla cintura merita il prezzo del biglietto. altro che nash bridges.